Situazioni di grave deprivazione dei diritti umani nel Paese di origine possono fondare il diritto alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia, poiché la natura di diritti fondamentali che l’alimentano impone una tutela a compasso largo.

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L’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte, cristallizzata da Cass. SU n. 24413/2021, si è espressa nel senso che, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa tra la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine e la situazione d’integrazione raggiunta in Italia, attribuendo alla condizione del richiedente nel Paese di provenienza (Gambia) un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nella società italiana, fermo restando che situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel Paese originario possono fondare il diritto alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia. Qualora si accerti che tale livello è stato raggiunto e che il ritorno nel Paese d’origine renda probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare tali da recare un vulnus all’art. 8 CEDU, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi dell’art.5, comma 6, d.lgs. n.286/1998, per riconoscere il permesso di soggiorno.

In tema di protezione umanitaria, la ritenuta non credibilità del racconto (e della vicenda personale del richiedente protezione internazionale) non è di ostacolo al riconoscimento del beneficio richiesto, dovendosi comunque apprezzare le conseguenze del rimpatrio sulla base delle condizioni generali del Paese di origine correlate alla sua posizione individuale (Cass. Civile, n. 41778/2021).

L’art. 5, co. 6, d.lgs. n. 286/1998 va “collegata” ai diritti fondamentali che l’alimentano, essendo le relative basi normative “a compasso largo”, perché l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali promuove l’evoluzione della norma, elastica, sulla protezione umanitaria a clausola generale di sistema, capace di favorire i diritti umani, incluso il diritto al lavoro (art.41 Cost.), e di radicarne l’attuazione (SS.UU. Civili n.29459/2019).

Va cassato il decreto che, nel procedere alla valutazione dei fattori di integrazione lavorativa, sussistenti (seppure nella forma dell’apprendistato e del lavoro a tempo determinato, del resto attuale consueto canale di accesso al mercato del lavoro) e dei dedotti fattori di vulnerabilità (inclusa la giovane età al momento dell’espatrio, l’assenza di legami familiari nel paese di origine, le violenze e torture subite in Libia), non si conformi ai principi di comparazione attenuata attualmente consolidatisi e di rilevanza della sproporzione tra i contesti di vita nel Paese di origine ed in Europa.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n.29485 del 10\10\2022

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