Art. 31, co. 3, T.U.I: le questioni di massima di particolare importanza risolte dalle Sezioni Unite

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Suprema Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, Ord. n. 22216/2006:
La presenza dei gravi motivi deve essere puntualmente dedotta dal ricorrente e accertata dal tribunale per i minorenni come emergenza attuale solo nell’ipotesi di richiesta di autorizzazione all’ingresso del familiare nel territorio nazionale in deroga alla disciplina generale dell’immigrazione; ciò non vale sempre, invece, nell’ipotesi in cui venga richiesta l’autorizzazione alla permanenza del familiare che diversamente dovrebbe essere espulso, poichè la situazione eccezionale nella quale vanno ravvisati i gravi motivi può essere attuale, ma può anche essere dedotta quale conseguenza dell’allon-tanamento improvviso del familiare sin allora presente e cioè di una situazione futura ed eventuale rimessa dall’accertamento del giudice minorile. Deve ritenersi irrilevante che nel ricorso rivolto al tribunale per i minorenni non siano stati indicati i gravi motivi richiesti dalla legge in quanto il giudice adito ne ha ritenuto certo l’avveramento sulla base delle conclusioni della consulenza tecnica, e pertanto il provvedimento revocato dal giudice d’appello non ha autorizzato la permanenza del ricorrente in Italia per il solo fatto della presenza di una figlia in tenera età, ma ha accolto la domanda del genitore dopo aver accertato il grave pregiudizio che sarebbe derivato alla minore dalla perdita improvvisa della figura genitoriale.

Suprema Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili Ord. n. 21799/2010:
La temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal d.lgs. n.286 del 1998, art. 31 in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, non postula necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto. Trattasi di situazioni di per sé non di lunga o indeterminabile durata, e non aventi tendenziale stabilità che pur non prestandosi ad essere preventivamente catalogate e standardizzate, si concretano in eventi traumatici e non prevedibili nella vita del fanciullo che necessariamente trascendono il normale e comprensibile disagio del rimpatrio suo o del suo familiare.

Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Ord. n. 15750/2019
In tema di autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero che si trova nel territorio italiano, ai sensi dell’art. 31, comma 3, t.u. immigrazione, approvato con il d.lgs. n. 286 del 1998, il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero; nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta e attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con il suo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario, ma non assoluto.

a cura dell’Avv. Alessia Nicodemo

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