La Corte di Appello di Catanzaro, definitivamente pronunciando secondo la disciplina pre-Salvini (d.l. n. 113/2018), riconosce la protezione umanitaria al ricorrente cittadino bengalese il cui rimpatrio, oltre a farlo regredire a condizioni economiche di bisogno, gli precluderebbe il libero esercizio di diritti fondamentali di libertà e di sicurezza.

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La Corte ritiene che sussistano i presupposti per il riconoscimento di tale forma di protezione internazionale, secondo la disciplina anteriore al d.l. n. 113/18, in relazione ad un duplice profilo:
a) il rischio concreto che l’uomo, ormai inseritosi stabilmente e proficuamente nel tessuto sociale e lavorativo italiano, possa regredire, in caso di rimpatrio, a condizioni economiche e sociali incompatibili con la liberazione dai bisogni essenziali e con la tutela della dignità umana che appaiono comprovate dalla sua vicenda personale di migrante all’interno del Bangladesh e, poi, all’estero;
b) le condizioni di insicurezza esistenti in Bangladesh che non assicurano il nucleo essenziale dei diritti umani fondamentali, in cui trova espressione la libertà e la dignità dell’individuo, nella misura in cui una vita libera e dignitosa non può prescindere da un contesto sociale all’interno del quale vi sia concreta libertà di espressione e possibilità di lavoro.

Il rimpatrio del cittadino bengalese, dunque, oltre a farlo regredire a condizioni economiche di bisogno, gli precluderebbe il libero esercizio di tali diritti fondamentali di libertà e di sicurezza e lo costringerebbe a vivere in un contesto sociale ancora più limitativo, se comparato al grado di libertà e di sicurezza che gli viene garantito in Italia.

Corte di Apello di Catanzaro, sentnza n.757 del 29.06.2022

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