Il Tribunale di Napoli riconosce protezione internazionale alla giovane richiedente nigeriana per le violenze fisica e psicologica patite in quanto vittima di un matrimonio “non voluto” (child marriage).

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Si ritiene che la ricorrente, cittadina nigeriana, appartenga al “particolare gruppo sociale” ai sensi dell’art. 8 lett. d, d.lgs. n.251/07, ai fini della valutazione dello status di rifugiato, rientrando il matrimonio forzato, quando era ancora minorenne, nel concetto di grave atto di violenza fisica e psichica, di cui all’art. 7 lett. A) d.lgs 251/07: emerge dal narrato la condizione di inferiorità e di sottomissione in cui la ricorrente ha vissuto sin dalla nascita in un villaggio dell’Edo st. e la diffusione di tale pratica G.B. nella regione di provenienza [secondo i Report N.U. sui “child marriage” del 2018, in Nigeria, circa 22 milioni di ragazze sono state costrette a sposarsi da minori tra il 2013 e il 2019 e, nel 43%, dei casi ciò avviene tra i 15 e i 17anni. Con riferimento specifico alla regione South-South, che comprende anche l’Edo State, da cui la ricorrente ha dichiarato di provenire, la percentuale di ragazze che hanno contratto matrimonio prima di raggiungere la maggiore età è del 21.5%. (US Department of State, 2019 Country Reports on Human Rights Practices: Nigeria, 2019, https://www.state.gov/reports/2019-country-reports-on-human-rights-practices/nigeria/)*

Tribunale di Napoli, accoglimento n. cronol. 2926 del 27.03.2022

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