Fondato è il timore di subire un danno grave (nella fattispecie, detenzione in condizioni disumane e tortura) per il richiedente protezione internazionale cittadino di Pakistan che ivi sarebbe a rischio di condanna da parte della Corte Marziale per il reato di diserzione militare (nella fattispecie, trattasi di militare della Marina): segue la dichiarazione del diritto alla protezione sussidiaria ai sensi degli articoli 2, lett. g), e 14, lett. b), d.lgs. 251.

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Erra sul piano logico-giuridico la Commissione Territoriale che, nel momento in cui, pur ritenendo verosimile che l’istante sia stato un militare della Marina Militare pakistana, non abbia poi considerato che già per il solo fatto di essere espatriato clandestinamente, ancora in forze presso la Marina Militare pakistana, egli si è reso responsabile del reato di diserzione e si è quindi posto nella situazione di pericolo concreto, in caso di rimpatrio, di essere arrestato, processato e condannato alla pena detentiva da sopportare in condizioni inumane e con il rischio anche di subire torture intra moenia. Il timore, rappresentato dal ricorrente anche dinanzi al giudice, di essere punito con il carcere per la sua diserzione militare e il rischio di dover subire una pena detentiva, come dichiarato, in condizioni disumane, permette di affermare che la domanda di protezione internazionale sia fondata e riconducibile alla fattispecie di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. b), d.lgs. 251.
(Quanto alle condizioni delle prigioni pakistane, secondo 2021 Country Report on Human Rights Practices: Pakistan, USDOS, 12.4.22)

Tribunale di Napoli, sezione civile, decreto n.4033/2023 del 22.03.2023

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