Consiglio di Stato, 6 maggio 2016, sentenza n.1837

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Non può essere condiviso l’assunto secondo il quale un provvedimento di inammissibilità nei territori dell’area Schengen, emesso dagli organi di uno Stato membro dell’Unione Europea, comporti necessariamente l’obbligo, per lo Stato nel quale risiede il cittadino extracomunitario, di ritirare il permesso di soggiorno, o di rifiutarne il rinnovo. Deve rilevarsi che l’art.25 della Convenzione di Schengen stabilisce che “Qualora risulti che uno straniero titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato da una delle Parti contraenti è segnalato ai fini della non ammissione, la Parte contraente che ha effettuato la segnalazione consulta la Parte che ha rilasciato il titolo di soggiorno per stabilire se vi sono motivi sufficienti per ritirare il titolo stesso“, non attribuendo, quindi, alcun automatico rilievo alla segnalazione, ma consentendo l’attivazione di un contraddittorio al fine di chiarire il significato della medesima.

Inoltre, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del d.lgs.286/98, “nell’adottare il provvedimento di… diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiaroi dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese di origine, nonchè, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale“.

É pertanto illegittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno che sia fondato sulla sola presenza di una segnalazione di innammissibilità Schengen da parte di un altro Stato membro, ove non sussistano elementi evidenti di pericolo per la pubblica sicurezza, la difesa dell’ordine e la prevenzione di reati, che impongono di trascurare le necessità familiari del cittadino comunitario.

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